
Governo Renzi, Governo di Propaganda – Seconda parte Di Mirco Coppola
fonte: Stato e potenza
Il ruolo del Quirinale
Perciò sarà importante nel prossimo futuro, definire e svelare i veri scopi che si celano dietro al renzismo. Tuttavia quanto accaduto al Quirinale dal 2011 ad oggi ci fornisce più di un indizio a riguardo. Già da quando si è insediato al Colle, il Presidente Giorgio Napolitano ha svolto il ruolo di vero leader del centro-sinistra. L’ex migliorista ha nel corso degli anni tessuto abilmente la sua tela, cominciando dal 2007 quando continuando sulla strada già tracciata da Ciampi volle fortemente condannare la cecità con la quale, a suo dire, la sinistra avrebbe affrontato da sempre la questione delle Foibe titine nel territorio giuliano-dalmata. (1). In quell’occasione Napolitano, attaccato dal presidente croato Stipe Mesic, fu prontamente difeso da due figure politiche importanti come Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini. Da allora il Presidente “dimissionario” ha intrattenuto con entrambi un rapporto privilegiato, che ha dato frutti non solo istituzionali ma pragmatici. Se Casini lasciando l’alleanza con il centro-destra non riuscì ad evitare che Berlusconi venisse eletto per la quarta volta presidente del consiglio, fu proprio Fini, che riuscì a causare uno strappo tale con la maggioranza e con il suo stesso partito (PDL) da portare ad una crisi di governo, la quale avrebbe dovuto portare ad un nuovo ribaltone nel quale Fini e Casini da una posizione centrista avrebbero costruito un governo con il centro-sinistra o parte di esso che avesse come intento quello di essere costituente per un nuovo assetto repubblicano(2). La manovra non riuscì. Grazie all’appoggio esterno di alcuni deputati fuoriusciti dai partiti di opposizione, PDL e Lega riuscirono a respingere per due soli voti la mozione di sfiducia delle opposizioni alla Camera.
Quanto non è andato in porto nel 2010, accade l’anno successivo. Nel 2011 l’Italia è sotto il fuoco incrociato degli scandali sul premier, della crisi economica internazionale (che ha acuito i problemi di crescita economica che l’Italia già presentava negli anni pre-crisi), della speculazione da parte dei mercati finanziari, sull’euro e sui titoli di debito degli stati meno solidi dell’eurozona, che ha fatto enormemente alzare lo spread tra BTP e BUND tedeschi; così come è sotto pressione a causa della sfiducia che Merkel, Sarkozy e Obama nei confronti del governo Berlusconi (3) Sappiamo tutti come è andata. Berlusconi è costretto alle dimissioni sotto la pressione dell’opinione pubblica e dell’Unione Europa e Napolitano non si fa pregare due volte per nominare un governo di tecnici presieduto dall’economista della Goldman Sachs Mario Monti votato a larga maggioranza (compreso Berlusconi stesso) per applicare quelle “riforme” che avessero garantito che gli interessi delle banche europee francesi e tedesche venissero tutelati. Ma Monti era già stato contattato mesi prima da Napolitano, come accerterà il giornalista britannico Alan Friedman. Lo spread da allora è diminuito, l’economia italiana continua il suo sfascio. Non è un caso che del centro montiano entreranno a far parte il partito di Fini ed il partito di Casini.
Non contento, Napolitano dopo la non-vittoria di Bersani alle elezioni politiche del 2013 e dopo la sua rielezione al colle, affida il governo ad Enrico Letta durante il quale si consuma un altro tradimento: quello del delfino di Berlusconi, Angelino Alfano. Ma il governo Letta, nonostante il rinnovato clima di larghe intese al quale partecipa la stessa Forza Italia, si perde troppo in una propaganda orientata ad un certo tipo di progressismo povero di costrutto e malvisto dal centro-destra. Inoltre non dà una reale svolta politica sul piano delle riforme elettorali e costituzionali sulle quali punta il Presidente.
Venendo al recente passato ed al presente, Renzi ha dimostrato di avere un’altra marcia rispetto a quasi tutti i precedenti leader della politica italiana, anche di Letta che si era rivelato a sorpresa molto abile nel gioco politico. Renzi dietro la patina di fan di Obama e di liberale cela una condotta da politico navigato della ex DC, dalla quale riprende le strategie da prima repubblica. Renzi è dotato di due maggioranze parallele, una con il centro e l’altra informale con Berlusconi sulle riforme che interessano al premier. Dall’altro lato, dopo le europee ha annichilito completamente il centro montiano egemonizzando i temi dei moderati e seduce parlamentari ed elettori del m5s, indebolendo l’opposizione più dura al suo governo. Sel è addirittura sparita. È la strategia tipica del centrismo democristiano.
Cui prodest?
Ma per quale motivo questa situazione conviene a Renzi? Lui è l’uomo dei consensi, che ha tutto da perdere da un governo eletto dal Presidente (e non dai cittadini) e che rischia di arenarsi senza ottenere risultati tangibili come i precedenti governi Monti e Letta. Un uomo politico che fattosi avanti come un Rottamatore, rischia di essere percepito troppo rapidamente dagli elettori come un giovane già addentro al Palazzo.
È plausibile che via sia, allora, un patto speciale tra l’attuale Capo dello Stato ed il Segretario del PD. Questa Legislatura deve aprire la stagione della III Repubblica, che è il principale obiettivo di Giorgio Napolitano da quando si insediato al Colle. Ovvero il proposito di eliminare quei punti deboli della Costituzione italiana nata dopo il fascismo e che i costituenti si preoccuparono di rendere impermeabile a nuove derive totalitarie; e farlo a tutti i costi con il consenso più ampio possibile. Renzi dal canto suo ha l’opportunità di sfruttare l’opportunità che gli è stata data per promuovere il suo pacchetto di riforme come un’ottima propaganda elettorale e per il rafforzamento della sua immagine. Ed i frutti si sono già visti con il risultato roboante ottenuto alle europee. Per giunta le riforme in atto riguardanti le regole politiche e le istituzioni della Repubblica, spianeranno la strada a chi come Renzi ha un piglio maggioritario. Con l’Italicum, senza avere la maggioranza assoluta dei voti, il partito che esca vincitore dalle elezioni potrà ottenere il premio di maggioranza, senza avere la spina nel fianco del Senato.
La grande ambizione di Napolitano ha anch’essa radici storiche. La Democrazia Cristiana pur avendo l’appoggio degli Stati Uniti e potendo poggiare sulla leva dell’anticomunismo ha fatto della repubblica italiana uno stato atipico all’interno del blocco Occidentale. Partito foraggiato dal Vaticano e dalle associazioni cattoliche,, l’egemonia della DC sul paese rendeva l’Italia capace di districarsi tra politica filomediterranea ed una certa indipendenza geo-economica (vedi ENI) pur restando nell’area di influenza atlantica. La stessa dottrina cattolica nelle sue varie declinazioni politiche laiche e non, e la mancanza di qualsiasi meccanismo dell’alternanza simile alle altre democrazie occidentali agevolò una politica di welfare e di assistenzialismo peculiare. La DC si districava tra il popolo cattolico composto anche di ceti bassi o medio-bassi e i ceti borghesi. Ma già a partire dai primi anni della Repubblica una parte importante della grande borghesia industriale italiana avrebbe voluto una svolta che avvicinasse l’Italia alle altre democrazie occidentali. In primis gli Agnelli che da sempre hanno spinto per la fondazione di un “Partito della Borghesia” a forte impronta liberale ed atlantica (4) e che non hanno mai rinunciato ad influire sulla politica del nostro paese.
Conclusione
Per molti aspetti abbiamo visto che, dunque, Renzi e Napolitano hanno gli stessi obiettivi già da tempo. Se l’eliminazione dal tavolo da gioco di Berlusconi non ha funzionato del tutto, Renzi è l’unico che è riuscito, e può continuare a riuscire a rendere innocuo Berlusconi. Con un patto che agevolerà quest’ultimo nell’intento di sfuggire ad ogni persecuzione giudiziara, ormai quasi l’unico interesse dell’ex Cavaliere. Il tramonto del berlusconismo lascerà il via liberà al pd renziano, che inaugurerà una nuova fase politica, che farà del PD il trait d’union tra la grande industria vicina al capitale finanziario, mondo cattolico e quella classe media del settore terziario. Che già dagli anni ’80 è una forte maggioranza nel contesto sociale italiano in linea con tutti paesi che affrontano la fase avanzata del capitalismo liberale, la generazione Erasmus e dei “colletti bianchi” delle quali il premier fa vanto. Il tutto sotto la spinta del populismo renziano, capace di coniugare moralismo cattolico popolare e progressismo blairiano, quella facciata moderna che la vecchia DC non fu più in grado di dare alla società civile. Se Napolitano si dimette non è certo a causa dell’età, ma perché il suo compito al Colle può dirsi finito. Renzi porterà con ogni probabilità a conclusione il suo governo costituente senza il consenso degli italiani e grazie al golpe bianco di Napolitano, che ha deciso di agire da Monarca piuttosto che da Presidente con un mandato popolare. Il rischio è che con delle riforme istituzionali imposte dall’alto l’antipolitica invece di placarsi aumenti la propria portata nel prossimo futuro.
Dal canto suo il Renzi I, difficilmente potrà durare tutta la legislatura in vigore. Gli incentivi ai consumi che il governo sta cercando di elargire ai meno abbienti sono state fatte a scapito di comuni e regioni (cioè dei servizi, come quelli del trasporto pubblico) e del popolo delle partite Iva, i quali difficilmente possono resistere molto con l’attuale assetto politico-finanziario e la disoccupazione giovanile e non, che continua ad aumentare. Affaticamenti del classi lavoratrici del Paese che si aggiungono alle condizioni dei lavoratori che dal 2011 sono sempre più precarie.
Inoltre vi è la questione UE da affrontare. L’Italia dal dialogo con la Merkel e dal semestre di presidenza del consiglio europeo ha ottenuto ben poco e Renzi sa bene che togliere ai suoi principali antagonisti l’argomento dell’euroscetticismo gli darebbe via libera verso una riconferma a Palazzo Chigi, stavolta con il voto popolare e per giunta per la prima volta nella storia repubblicana, senza il bicameralismo. E lo può fare solo presentandosi agli elettori come “colui che ci ha provato” facendo i fatti e non le chiacchiere dei suoi avversari.
L’approssimarsi della chiusura di un’epoca politica come quella degli ultimi vent’anni ha, nonostante tutto, dei lati positivi. Se l’attuale leader del centro-sinistra rappresenta tutt’altro che gli interessi dei lavoratori e delle classi produttrici, i suoi avversari forse lo sono ancora meno. Salvini sta ereditando da Berlusconi quel popolo della pmi, degli autonomi e dell’IVA che da sempre è vessato dall’assistenzialismo tipicamente italiano, ma ha anche il difetto di non aver mai saputo creare una cultura convincente, capace di avere una strategia politica ed una visione del nostro paese coerente e non rivolta soltanto alla “pancia” degli elettori. Tanti anni spesi a parlare di Italia di popolo, di identità, ma né la destra nazionale, né il federalismo nato dal fenomeno delle leghe hanno saputo costruire con concretezza una comunità nazionale, che sarebbe quel minimo comun denominatore al di là delle ideologie e delle fazioni in grado di evitare che la politica italiana cada periodicamente nelle guerre intestine distruttive della sovranità popolare e nazionale. Non ci sono riusciti neanche con il predominio assoluto dei media berlusconiani.
Dal lato opposto i grillini sono gli eredi spirituali di Berlinguer e dell’ultimo PCI, fermo su una visione morale idilliaca della politica e alleato della funerea destra liberal-giustizialista che ha come padre spirituale Montanelli. Dio ce ne scampi.
Quali sono allora i lati positivi? La fine della polarizzazione della politica italiana, relativa alla figura di Berlusconi, apre a nuove opportunità che chi vuole deve saper cogliere. Renzi sarà quasi certamente il nemico numero uno della prossima ed imminente fase politica, ma si faccia attenzione a non farne in maniera pregiudiziale il male assoluto come nel caso di Berlusconi. Ha dei mandanti e dei complici, e i mandanti non stanno nello staff di Berlusconi, ma in coloro che più hanno da guadagnare in questo “Partito della Borghesia” tanto agognato dalle grandi famiglie industriali italiane. Ma l’attuale Premier potrebbe stare anche giocando su più di un tavolo, resta l’impressione che con Renzi vogliano rientrare in gioco vecchie cerchie di potere, che erano state escluse dalla cosiddetta seconda repubblica. Una Rottamazione che potrebbe velocemente trasformarsi in una Restaurazione.
Note:
(2) Libero
(3) Giornalettismo
(4) Linkiesta
Mirco Coppola